Ne hanno parlato il 16 aprile durante il ‘Martedì Salute’, davanti a una sala gremita, l’équipe della Clinica Sedes Sapientiae composta dal dottor Alberto Bellone, chirurgo specialista in Oculistica, dalla dottoressa Donatella Mottoso, ortottista assistente in Oftalmologia, e dal dottor Stefano Arena, optometrista.
Che cos’è la cataratta?
La cataratta è una patologia che comporta la perdita di trasparenza del cristallino, una lente presente nell’occhio: quando la trasparenza di questa lente ‘naturale’ si perde, la visione diventa offuscata e opaca, si deteriora, i colori risultano meno nitidi e meno brillanti. Solitamente questo processo di deterioramento, che avviene gradualmente, accade dopo i 60 anni, ma esistono anche le cataratte dette giovanili che compaiono intorno ai 40 anni, dovute di solito all’utilizzo di farmaci, come il cortisone, o traumatiche da urti.
Tra i sintomi più diffusi che manifestano i pazienti, c’è anche il peggioramento della visione in condizione notturna, con comparsa di ‘lampi’ e ‘lucine distorte’: il paziente risulta più sensibile alla luce e chiede spesso di cambiare occhiale. Fondamentale è avere una diagnosi precoce e accurata: altrettanto importante è stabilire il prima possibile l’intervento, senza aspettare di non vedere più, anche per evitare complicanze postoperatorie.
Quali sono gli esami pre operatori da effettuare?
Si parte dall’anamnesi, quindi dal capire lo stato di salute generale del paziente. In secondo luogo è necessario un confronto con il paziente, per individuare quale obiettivo vuole raggiungere dopo l’intervento. Si procede con esami diagnostici, tutti non invasivi e di breve durata, importantissimi al fine di decidere, appunto, il più cristallino artificiale più indicato da impiantare nell’occhio:
- Topografia corneale, uno dei primi esami per verificare se la curvatura dell’occhio è regolare, se ci sono astigmatismi o patologie della cornea e per stabilire se impiantare un cristallino artificiale che corregga ad esempio l’astigmatismo.
- Biometria, l’esame che consente di misurare la lunghezza anteroposteriore dell’occhio, la curvatura e di fare il calcolo del cristallino che verrà impiantato.
- Pupillometria, un esame di cui si parla poco, ma molto importante: il paziente viene messo davanti a uno strumento e viene misurato il diametro pupillare in condizioni diverse di luce. Questo esame servirà anche al chirurgo per capire la strategia interventistica da attuare.
- Microscopia endoteliale: l’endotelio è la parte interna della cornea, un endotelio integro dà luogo alla trasparenza della cornea.
- Campo visivo, un esame molto semplice e soggettivo, che va ad intercettare problematiche del nervo ottico, come ad esempio i glaucomi, che potrebbero compromettere la riuscita dell’intervento di cataratta.
- Angio OCT che dà la possibilità di vedere la parte centrale dell’occhio, la fovea, la zona nobile delle cellule della nostra retina: serve a vedere se ci sono delle alterazioni di tipo vascolare.
Quale lente viene impiantata?
Sul mercato ci sono diversi tipi di lenti: dalle standard monofocali, le più usate, che hanno un fuoco solo, il cui limite è che dopo l’intervento di cataratta la maggior parte dei pazienti deve indossare nuovamente l’occhiale per leggere; ci sono poi le lenti toriche monofocali, con un fuoco solo ma con la capacità di correggere anche l’astigmatismo; c’è il cristallino detto Premium, che permette di vedere da lontano e anche da vicino.
Se poi tutti gli esami pre operatori dimostrano che sono positivi, non ci sono difetti sulla retina e le cellule dell’endotelio sono perfette, si può pensare di impiantare delle lenti particolari, come le trifocali, che permettono di vedere a più profondità, dando anche una ottima indipendenza dall’occhiale. La trifocale è infatti una lente molto funzionale sui pazienti ipermetropi, è una lente che predispone per la visione intermedia. Infine ci sono le lenti Edof che invece sono delle lenti ‘a profondità’, con una gamma continua di punti di messa a fuoco: con una lente sola riusciamo a vedere da vicino, intermedio e lontano.
L’innovazione nella Chirurgia della cataratta
L’approccio di intervento tradizionale prevede l’utilizzo di bisturi per incidere la cornea, il cristallino a quel punto viene frammentato, rimosso e viene sostituito con una nuova lente intraoculare. Va detto che questa scelta operatoria ha però dei limiti da non sottovalutare, in primis lo stress che subisce l’occhio durante l’intervento. Inoltre può anche comportare rischi per chi ha una cataratta evoluta, per chi ha cornee con patologie e per chi ha una pupilla che non dilata.
L’innovazione in questo campo, in continua evoluzione, ha portato a nuovi approcci chirurgici, come la scelta di intervenire con il Femtolaser, un laser a femtosecondi che fa l’incisione, la capsulotomia e la frammentazione del cristallino. Il laser aiuta il chirurgo in fase pre operatoria grazie a misurazioni precise dell’occhio del paziente, ma sono numerosi anche i vantaggi per il paziente.
In primis il laser a femtosecondi preserva l’occhio dallo stress intra operatorio (non viene infatti usato il bisturi e viene ridotto l’uso di ultrasuoni), garantisce poi un livello di precisione elevatissimo, limitando anche il rischio di complicanze e il dolore durante e dopo l’intervento, permettendo dunque al paziente un ritorno alle attività quotidiane molto più rapido.