Incontinenza urinaria femminile: cause, diagnosi e cura


L’incontinenza urinaria, il prolasso genitale e l’incontinenza fecale, sono patologie funzionali che interessano numerose donne, soprattutto anziane, e possono influenzare in maniera importante la loro qualità di vita.

Queste patologie sono tutte espressione di alterazione delle strutture muscolo fasciali del pavimento pelvico, e possono presentarsi isolatamente o variamente coesistere.

In modo particolare l’incontinenza urinaria è un problema molto frequente nel sesso femminile, con stime di prevalenza nelle donne adulte di circa il 15-20% dell’intera popolazione.

L’incontinenza urinaria femminile è una condizione di cui non sempre è facile parlare, non sempre associata all’età o alla menopausa, che crea disagio e ansia e riduce la qualità della vita nelle persone che ne soffrono e consiste nella perdita involontaria di urina, come definita dall’International Continence Society (ICI).

Affrontiamo il tema con il dottor Mauro Gatti, ginecologo della Clinica Sedes Sapientiae.

Quali sono i diversi tipi di incontinenza urinaria?

L’incontinenza urinaria femminile può essere classificata dal punto di vista clinico, quindi principalmente in base al sintomo, in:

  • incontinenza da sforzo associata a perdite di urine durante gli sforzi, come l’attività fisica, oppure durante la tosse o lo starnuto, ossia in condizioni che determinano aumenti improvvisi della pressione addominale;
  • incontinenza da urgenza con perdita di urine associata ad una urgenza minzionale;
  • incontinenza da overflow: perdita di urine secondaria a ritenzione cronica;
  • enuresi notturna: perdita di urine durante le ore di sonno;
  • incontinenza coitale: le fughe di urina si presentano durante un rapporto sessuale.

In sintesi in base al sintomo, l’incontinenza si può raggruppare in tre grandi categorie:

  • Incontinenza da sforzo in tutte le sue varianti
  • Incontinenza da urgenza
  • Incontinenza mista in cui possono coesistere, variamente rappresentate, le due varianti precedenti.

Dal punto di vista fisiopatologico (diagnosi urodinamica) l’incontinenza urinaria può essere classificata in:

  • incontinenza secondaria a iperattività del detrusore;
  • incontinenza secondaria a incompetenza uretrale;
  • incontinenza mista che contempla la presenza di entrambe le precedenti condizioni.
  • incontinenza da ritenzione cronica (overflow) di urine conseguente alla sovradistensione vescicale secondaria a ostruzione o/a ipo-acontrattilità del detrusore.

Indipendentemente dalla causa, l’incontinenza urinaria rappresenta un problema igienico-sociale con un impatto molto forte sulla qualità di vita della donna, con compromissione della propria immagine e perdita dell’autostima anche con possibili alterazioni delle relazioni famigliari, sociali e nel rapporto col partner e con influenza anche nell’attività lavorativa, che può risultarne compromessa. Inoltre l’incontinenza può rappresentare un tabù per la donna che la vive di cui si evita di parlarne per vergogna.

Quali sono le cause dell’incontinenza urinaria?

Le cause dell’incontinenza urinaria possono essere molteplici: il parto vaginale, soprattutto quando è associato a lacerazioni del pavimento pelvico, può essere la causa iniziale (soprattutto nell’incontinenza da sforzo). Anche la menopausa che è associata a un progressivo indebolimento del pavimento pelvico può contribuire ad aggravare i sintomi dell’incontinenza. Inoltre alcune malattie come il diabete, l’obesità, l’ipertensione, in modo particolare a causa di alcuni farmaci che vengono impiegati per la terapia (diuretici soprattutto), possono contribuire o essere causa di incontinenza; anche la presenza di stipsi o bronchite cronica possono ulteriormente aggravarla provocando aumenti frequenti e improvvisi della pressione addominale. Le malattie neurologiche e l’ischemia cerebrale possono tutte in vario modo influenzare la continenza.

Quando rivolgersi al medico e quali esami sono necessari?

Il primo step diagnostico dell’incontinenza urinaria è clinico. La paziente viene inizialmente inquadrata dal lato antropometrico e anamnestico e riferisce l’epoca e l’insorgenza e durata dei sintomi. L’inquadramento clinico della  paziente può essere completato, soprattutto in previsione di un intervento o in caso di incontinenza complicata, con  l’esecuzione di prove urodinamiche che permettono uno studio funzionale dell’incontinenza con la visualizzazione di una iperattività del detrusore con la presenza di contrazione involontarie che determinano la fuga di urine, oppure di un’incompetenza dell’uretra che non è più in grado con i suoi meccanismi intriseci o di supporto di trattenere l’urine durante gli aumenti della  pressione addominale (tosse, starnuto, esercizio fisico). Oppure se l’incontinenza contempla la presenza di entrambe le precedenti condizioni.                                                                                                 

Negli ultimi anni, per completezza diagnostica, si esegue anche un’ecografia transperineale che permette di visualizzare le immagini del collo vescicale e dell’uretra.

Come si può risolvere l’incontinenza urinaria femminile?

La gestione dell’incontinenza è multispecialistica: ginecologo, fisiatra e urologo sono le figure professionali coinvolte.

Sulla base della gravità dei sintomi e della diagnosi, sono possibili diverse opzioni terapeutiche per risolvere l’incontinenza urinaria.                                                              

In genere, i cambiamenti dello stile di vita, come perdere peso, smettere di fumare, ridurre la quantità di caffeina, sono consigli fondamentali per il successo della terapia.

Nell’incontinenza da sforzo, può essere anche indicata la riabilitazione della muscolatura pelvica con l’ausilio di biofeedback, una elettrostimolazione funzionale (ES), soprattutto in donne motivate a cui si può anche associare una terapia estrogenica locale, soprattutto nelle donne in menopausa.                                   

Quando invece è consigliato l’intervento?

In caso di incontinenza da sforzo con ipermobilità uretrale, non o poco rispondente alla riabilitazione, si esegue un intervento di TOT, ossia si inserisce una benderella di polipropilene sotto l’uretra media che viene passata attraverso i forami otturatori. Qualora l’incontinenza da sforzo non dipenda da una ipermobilità uretrale, ma da una fissità uretrale, si esegue per via endoscopica un’infiltrazione intrauretrale (bulking theraphy) di sostanze volumizzante. Oltre alla fissità uretrale tale tecnica viene utilizzata anche in caso insufficienza sfinterica, in pazienti molto anziane, pazienti con comorbità o per desiderio di non subire un intervento chirurgico.

In casi particolari nelle forme più gravi di incompetenza uretrale e/o nelle recidive si può eseguire un bulking extra-uretrale eseguendo un posizionamento chirurgico di due palloncini in sede periuretrale (ACT). Il trattamento dell’incontinenza da urgenza consiste principalmente in un trattamento riabilitativo cui si può aggiungere anche una terapia farmacologica (farmaci antimuscarinici o beta3 agonisti).

Nei casi in cui non si ottengono risposte soddisfacenti può essere eseguita anche una stimolazione del nervo tibiale posteriore (PTNS/TTNS). Nei casi refrattari alla terapia conservativa e che condizionino pesantemente la qualità della vita delle pazienti, si può prendere in considerazione anche l’esecuzione di una neuro modulazione sacrale oppure un’infiltrazione di tossina botulinica all’interno della parete vescicale da eseguire in cistoscopia. Nei casi refrattari anche a queste terapie e in pazienti molto motivate, esiste anche una terapia chirurgica che consiste in un intervento di enterocistoplastica di ampliamento o di sostituzione eseguibili presso strutture urologiche ad alta complessità.