Come mantenere in salute il nostro apparato digerente


Stile di vita e scelte alimentari, ma anche la prevenzione delle malattie del fegato, hanno un forte impatto sulla salute del nostro apparato digerente.

“Percorsi di salute in epatogastroenterologia” è il tema trattato durante l’incontro di Martedì Salute con gli specialisti del Gastro Center della Clinica Sedes Sapientiae il professor Vittorio Gallo, medico specialista internista a indirizzo metabolico, epatologico e gastroenterologico, e il dottor Enrico Solerio, gastroenterologo.

A che cosa serve l’apparato digerente?

Il fegato è la più grande ghiandola del nostro organismo, pesa un chilo e mezzo e si trova sotto l’ultimo arco costale e arriva fino allo stomaco.

Il fegato ha molteplici funzioni come la sintesi della bile che fa capo al metabolismo degli zuccheri, dei carboidrati, delle proteine, dei grassi, degli ormoni, delle vitamine, funziona da deposito di glicogeno, cioè il prodotto del metabolismo del glucosio (gli zuccheri), utilizzato per il fabbisogno energetico dell’organismo, oltre a sintetizzare circa l’85% del colesterolo circolante (solo il 10-15% del colesterolo nell’organismo viene introdotto con l’alimentazione) ed è un organo che elimina fisiologicamente le sostanze tossiche nell’organismo.

Quali sono le malattie epatiche più comuni?

Il fegato si può ammalare di varie malattie a causa di infezioni da virus specifici (virus epatite A, B, C, D, E, virus di Epstein Barr, citomegalovirus); steatosi epatica o fegato grasso; può presentare micronoduli, come nel caso del fegato cirrotico; lesioni focali del fegato (cisti, angiomi), oppure patologie autoimmuni, come l’epatite cronica autoimmune di tipo 1 e di tipo 2, la cirrosi biliare primitiva, attualmente definita come colangite biliare primitiva, e malattie genetiche come la steatosi epatica non alcolica.

Tra tutte le malattie epatiche, il fegato grasso o steatosi è una malattia diffusissima, spesso associata a obesità, anche in età infantile, diabete, sindrome metabolica, ovvero una condizione costituita da un insieme di patologie quali la dislipidemia l’ipercolesterolemia, la ipertrigliceridemia, l’ipertensione arteriosa, o causata dall’abuso di alcuni farmaci, di alcol o di zuccheri (come maltodestrine, maltosio, glucosio, fruttosio). Alla comparsa della steatosi, spesso silente, segue un’infiammazione del fegato o steatoepatite che, nel tempo, può portare a fibrosi epatica, cirrosi, epatocarcinoma. La diagnosi spesso arriva quando la malattia è avanzata, ma in presenza di fattori di rischio, il consulto di uno specialista, esami del sangue, l’ecografia epatica con fibroscan per valutare l’eventuale brillantezza del fegato rispetto al rene, e la biopsia epatica, aiutano a giungere ad una diagnosi precoce e alla prevenzione delle complicazioni della steatosi epatica alcolica e non alcolica.

Inoltre, la prevenzione della steatosi epatica alcolica passa attraverso un consumo moderato di alcol, un’alimentazione sana povera di zuccheri, un consumo misurato di frutta per ridurre la quantità di fruttosio, una vita attiva, e l’assunzione i farmaci secondo le indicazioni del medico. In generale, la quantità di alcol media al giorno non dovrebbe superare un bicchiere (150 ml circa) o due, dosi che si dimezzano per le donne, perché hanno la metà della possibilità di metabolizzarlo.

Come mantenere in salute l’apparato digerente attraverso l’alimentazione?

Secondo i dati sulle malattie prevalenti nel mondo occidentale, il consumo di cibi processati ha dimostrato di aumentare il rischio cardiometabolico e altre patologie. I cibi processati sono alimenti che sono stati sottoposti a processi di raffinazione, lavorazione, trasformazione e conservazione.

Secondo una classificazione degli alimenti processati, chiamata Classificazione Nova, sappiamo che la processazione primaria viene definita come necessaria per rendere commestibili molti alimenti, la processazione secondaria trasforma gli ingredienti in cibi, come nel caso della produzione del pane, mentre la processazione terziaria trasforma gli alimenti in cibi ultraprocessati, cioè alimenti ricchi di zuccheri, di sale, e spesso ingredienti nascosti e nocivi per la salute. Negli alimenti della processazione primaria e secondaria rientrano i cibi minimamente processati, quali le parti commestibili di piante, animali, alghe, funghi, la frutta e la verdura, ma anche la carne e i pesci sottoposti a macinatura, essiccazione, frazionamento. Quindi queste lavorazioni non alterano sostanzialmente l’alimento, ne mantengono l’integrità e non introducono sale, zucchero, grassi, additivi.

Gli ingredienti culinari processati, invece, sono ottenuti da elementi naturali attraverso dei procedimenti di pressatura, raffinazione, macinatura oppure sono sostanze minerali o estratte dalla natura e possono includere degli additivi, come vitamine, minerali, ad esempio il sale iodato.

I cibi ultra processati sono alimenti prodotti industrialmente che contengono zucchero, oli, grassi, sale, generalmente in combinazioni tra loro in quantità elevate, oltre a sostanze alimentari come lo sciroppo di mais, oli idrogenati, amidi modificati, proteine isolate, contengono additivi e sono ottenuti da processi industriali come l’estrusione. Tra i prodotti ultraprocessati si trovano pani e focacce confezionate in pacchetti, prodotti da forno industriali, biscotti, torte, bevande analcoliche, margarine. Questi prodotti contribuiscono ad aumentare il rischio cardiometabolico, cioè malattie a carico del cuore, obesità, sindrome metabolica, diabete e fegato grasso, ma anche altri rischi, come ad esempio quello di disturbi mentali comuni come la depressione.

Quali cibi scegliere per il benessere dell’intestino?

Il microbioma intestinale è costituito da tutte le popolazioni batteriche e non, 100 milioni di miliardi di microbi, 20.000 batteri di ogni genere, soprattutto anaerobi, circa 500 specie batteriche differenti all’interno di ognuno di noi. Il microbioma intestinale metabolizza i composti chimici presenti negli alimenti, produce sostanze benefiche – come gli acidi grassi a catena corta, l’acido butirrico, l’acido propionico – che servono a ridurre l’infiammazione, controllano l’appetito, equilibrano il sistema immunitario e quello nervoso, riducono la formazione di tumori. Dalla salute del microbioma dipende quella del nostro organismo e, come evidenziano gli studi, maggiore è la diversità microbica al suo interno, più l’ecosistema intestinale è stabile, in equilibrio e in eubiosi,

Per questo è importante basare la propria dieta su alimenti naturali non processati o minimamente processati, senza antibiotici (che uccidono le popolazioni batteriche del nostro microbioma) e senza conservanti (che contribuiscono ad alterare il microbioma favorendo la disbiosi), prevalentemente di origine vegetale e preferibilmente prodotti con metodi agroecologici, cioè prodotti in una maniera sostenibile. Sappiamo inoltre che gli alimenti vegetali (frutta, verdura, frutta a guscio, legumi, alghe, funghi) contengono sostanze quali polifenoli e fibre alimentari, ad esempio, che contribuiscono a rendere più sani i microrganismi del nostro microbioma e quindi anche a migliorare la nostra salute. I polifenoli, ad esempio, aiutano a ridurre i trigliceridi, il colesterolo, l’infiammazione, mentre le fibre sono la principale fonte energetica dei nostri batteri amici. Infine, gli alimenti fermentati, quali il kefir, lo yogurt, il pane con lievito madre sono alimenti che grazie all’azione di batteri, sono veri e propri probiotici, ovvero sostanze benefiche per la salute dell’intestino.

In merito alla raccomandazione di preferire una dieta prevalentemente vegetale, è bene sapere che non significa eliminare la carne o il pesce, ma fare lo sforzo di ridurne la quantità e di aumentare, invece, la varietà degli alimenti.