L’elevata pressione del sangue nelle arterie, che è determinata dalla quantità di sangue pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al flusso sanguigno, è una condizione nota come ipertensione arteriosa. È presente in circa il 30% degli adulti di entrambi i sessi e nelle donne si riscontra prevalentemente dopo la menopausa.
L’ipertensione arteriosa è un fattore di rischio, o una disturbi, che aumenta la probabilità di altre malattie cardiovascolari, come angina pectoris, infarto miocardico e ictus cerebrale. Per questo motivo, è essenziale riconoscerla e trattarla prontamente per evitare i possibili danni a essa connessi.
Quando la pressione massima è l’unico valore aumentato, si parla di ipertensione arteriosa sistolica; quando sono invece i valori della pressione minima a cambiare nell’ipertensione diastolica. La situazione in cui entrambi i valori di pressione, minima e massima, sono superiori alla norma è nota come ipertensione sisto-diastolica.
Gli anziani e gli ultranovantenni soffrono più spesso di ipertensione arteriosa sistolica isolata, con valori di pressione massima elevati e pressione minima bassi, come conseguenza delle modifiche fisiche causate dall’invecchiamento.
Invece, le persone più giovani sperimentano più casi di ipertensione diastolica isolata.
Vi sono vari fattori che predispongono all’insorgenza della malattia:
- presenza di altri casi in famiglia;
- età avanzata, visto che la pressione arteriosa aumenta perché i vasi arteriosi diventano più rigidi con l’età. La pressione diastolica (minima) non aumenta più o tende a diminuire a un certo punto, mentre la pressione sistolica (massima) continua ad aumentare a causa con gli anni che passano. Ecco perché le tipiche forme di ipertensione sistolica isolata si trovano spesso negli ultranovantenni;
- sovrappeso e obesità, collegati all’aumento della pressione sanguigna;
- gravidanza, che può far aumentare la pressione arteriosa;
- fumo di sigaretta, che aumenta rapidamente la pressione arteriosa (dopo aver fumato, si pensi che la pressione rimane elevata per circa 30 minuti). Vi si aggiungono poi i danni persistenti che il fumo causa ai vasi arteriosi, come le lesioni delle pareti vascolari e una maggiore vulnerabilità alla formazione di placche aterosclerotiche;
- dieta ricca di sodio o povera di potassio e consumo di cibi troppo salati;
- alcol, in caso di un suo consumo eccessivo, che può danneggiare il cuore;
- stress fisico ed emotivo; ecco spiegato perché i valori pressori risultano generalmente più elevati quando misurati in sede di consulto medico, quando il paziente può essere più nervoso del solito;
- sedentarietà, visto che l’attività fisica contribuisce a un abbassamento della pressione sanguigna.
Quali sono le cause della fibrillazione arteriosa?
La classificazione dell’ipertensione arteriosa è in primaria o secondaria. Non esiste una causa precisa, identificabile o curabile dell’ipertensione arteriosa primaria, che costituisce circa il 95% dei casi di ipertensione. In questo caso, è l’alterazione dei complicati meccanismi che regolano la pressione (come il sistema nervoso autonomo e le sostanze circolanti che hanno effetto sulla pressione) a portare ad alti valori pressori.
Nel 5% dei casi, l’ipertensione è causata da malattie congenite o acquisite che colpiscono reni, surreni, vasi sanguigni e cuore; questo è il caso dell’ipertensione secondaria. In questi casi, la normalizzazione dei valori pressori può essere accompagnata dall’individuazione e dalla rimozione delle cause scatenanti (ad esempio, tramite la cura della malattia di base). L’ipertensione secondaria colpisce anche i giovani e spesso comporta valori di pressione più alti, risulta inoltre più difficile da tenere sotto controllo con i farmaci.
In alcuni casi anche l’uso (talvolta l’abuso) di alcune sostanze come la liquirizia, gli spray nasali, il cortisone, la pillola anticoncezionale, la cocaina e le amfetamine può causare un aumento della pressione arteriosa; per porvi rimedio, occorrerà sospendere l’assunzione di queste sostanze.
Quali sono i sintomi della fibrillazione arteriosa?
L’aumento della pressione sanguigna non sempre è accompagnato da sintomi, soprattutto quando accade in modo graduale: in questi casi, l’organismo si abitua a valori sempre un po’ più alti.
I sintomi dell’ipertensione arteriosa sono spesso sottovalutati o imputati ad altre condizioni perché non sono specifici. I più comuni includono mal di testa (in particolare al mattino), vertigini, acufeni, alterazioni visive, ed epistassi, per citare alcuni esempi.
In alcuni casi di ipertensione secondaria, i sintomi possono essere accompagnati da altri più specifici dovuti alla malattia di base. Il motivo principale per cui il paziente spesso non si accorge di avere la pressione alta è che i sintomi sono scarsi e aspecifici. Per questo motivo, è essenziale effettuare controlli di pressione regolari per provvedere a ottenere una diagnosi precoce.
Come avviene la diagnosi di fibrillazione arteriosa?
La pressione sistolica (massima) e la pressione diastolica (minima) sono le due misurazioni della pressione arteriosa.
Entrambi questi valori dipendono dal modo in cui il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) a ogni battito.
I valori di 140/85 mmHg sono considerati normali per gli adulti. Di conseguenza, quando la pressione arteriosa è più alta della norma, allora si diagnostica un’ipertensione.
Le misurazioni della pressione sono l’unico modo per fare diagnosi di ipertensione arteriosa perché, come già accennato, spesso l’aumento della pressione non si accompagna a sintomi e, quando presenti, non sono specifici.
Ecco perché è importante misurare regolarmente la pressione; altrimenti, è possibile ottenere una diagnosi solo dopo che è stata elevata per un lungo periodo di tempo e ha già causato danni.
A seguito di una diagnosi di ipertensione arteriosa, è utile sottoporsi ad alcuni esami per determinare se abbia già danneggiato i vasi sanguigni, il cuore e i reni. Questi esami aiutano il medico a determinare il profilo di rischio cardiovascolare del paziente e a scegliere il trattamento più adeguato al caso in esame.
Quali sono le opzioni di trattamento per la fibrillazione arteriosa?
Apportare dei cambiamenti al proprio stile di vita è fondamentale per il trattamento dell’ipertensione arteriosa, anche quando comporta l’uso di farmaci.
Riportare i valori pressori alla normalità è l’obiettivo del trattamento. Abbassare un po’ la pressione, però, non è sufficiente per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, è più importante mantenerla a un livello normale.
In caso di valori pressori elevati, si consiglia:
- consumo di una dieta povera di sale;
- svolgimento di attività fisica moderata e costante, come 30 minuti di camminata veloce o cyclette al giorno;
- controllo del peso corporeo o perdita di peso se necessario;
- astensione dal fumo;
- consumo limitato di alcolici.
Queste misure possono aiutare a riportare la pressione arteriosa a valori normali nei casi in cui risulta leggermente aumentata e non vi sono altri fattori di rischio associati. Può essere necessario intraprendere una terapia farmacologica per normalizzare la pressione arteriosa dopo aver ricevuto una diagnosi di ipertensione arteriosa e dopo aver cambiato le proprie abitudini di vita.
È fondamentale tenere presente che la terapia antipertensiva è un trattamento continuo che deve essere seguito per molti anni perché i pazienti ipertesi raramente possono smettere di assumere i loro farmaci per la pressione. Ci sono molti farmaci disponibili che influenzano la pressione arteriosa in vari modi; sarà il medico a scegliere quello più adeguato in rapporto alle caratteristiche ed esigenze del caso specifico.
L’assunzione di un unico antipertensivo è sufficiente per normalizzare la pressione arteriosa in alcuni pazienti, ma in altri è necessaria l’assunzione di una combinazione di diversi farmaci che agiscono su più meccanismi responsabili del controllo della pressione arteriosa. Semplicemente, ogni paziente risponde alle terapie in modo diverso. Trovare il farmaco o i farmaci più efficaci e tollerati può richiedere un po’ di tempo.
In più, dopo anni di terapia, un paziente può richiedere un farmaco aggiuntivo o un cambiamento: la pressione può infatti fluttuare nel corso del tempo, portando a una perdita di efficacia dei farmaci assunti fino a quel momento. Si pensi che persino cinque farmaci antipertensivi a dosaggio pieno possono non essere sufficienti per controllare la pressione arteriosa in alcuni pazienti; è il caso dell’ipertensione arteriosa resistente.
Per il suo trattamento è stata recentemente suggerita la denervazione delle arterie renali, una terapia non farmacologica.
I farmaci per ridurre l’ipertensione comprendono inibitori ACE, antagonisti del recettore per l’angiotensina II (ARBs) o sartani; sono tutti inibitori diretti della renina, e abbassano la pressione riducendo la produzione di alcune sostanze circolanti che sono parte del cosiddetto sistema renina-angiotensina-aldosterone. Questo sistema funziona in un modo specifico per ogni classe di farmaci.
Il medico può anche prescrivere i calcio antagonisti, che incentivano la vasodilatazione, i diuretici, che aiutano l’organismo a smaltire l’acqua e i sali minerali (sodio), e gli alfa e i beta bloccanti, che agiscono sul sistema nervoso che regola la pressione arteriosa periferica. I simpaticolitici ad azione centrale agiscono sui meccanismi nervosi di controllo della pressione arteriosa nel sistema nervoso centrale.