Dislipidemie e ipercolesterolemia: esami, dieta e trattamento


Secondo l’Istituto Superiore di Sanità circa un terzo della popolazione adulta, specialmente donne in menopausa e anziani, presenta elevati livelli di colesterolo, spesso in associazione a trigliceridi alti.

Tale condizione è nota come dislipidemia (da “lipidi”, ovvero grassi), la quale può essere facilmente diagnosticata con esami del sangue e può essere trattata efficacemente. Se non curata, rappresenta un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari e cerebrovascolari come infarto e ictus.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Emiliano Calvi, cardiologo della Clinica Sedes Sapientiae.

Colesterolo e trigliceridi: a cosa servono?

Adeguati livelli di colesterolo e trigliceridi sono importanti per diverse funzioni dell’organismo. Il colesterolo contribuisce all’assorbimento dei grassi e delle vitamine liposolubili, ed è alla base della produzione di vitamina D e ormoni quali estrogeni, testosterone e cortisolo; i trigliceridi, invece, si trovano nelle cellule adipose e vengono utilizzati come riserva di energia.

L’organismo è in grado di produrre il colesterolo e i trigliceridi di cui necessita, ma può anche assumere queste molecole dagli alimenti.

Stile di vita, dieta e abitudini alimentari, predisposizione genetica o una combinazione di tutti questi fattori possono contribuire ad alterare i livelli di lipidi nel sangue.

Come si misurano i lipidi nel sangue?

Le dislipidemie si diagnosticano tramite un semplice esame del sangue, chiamato profilo lipidico, che misura colesterolo totale, colesterolo LDL (colloquialmente noto come “colesterolo cattivo”), colesterolo HDL (“colesterolo buono”) e trigliceridi. I risultati permettono al medico di valutare il rischio cardiovascolare del paziente.

Valori elevati di colesterolo LDL sono associati a un maggiore rischio di aterosclerosi, una condizione in cui il grasso si accumula nelle arterie, aumentando il rischio di infarto e ictus. Al contrario, alti livelli di colesterolo HDL hanno un ruolo protettivo.

Se vengono riscontrati livelli elevati di colesterolo o trigliceridi nel sangue possono essere effettuati ulteriori esami per escludere dislipidemie di origine genetica (specialmente in pazienti giovani). È bene inoltre valutare il rischio cardiovascolare complessivo del paziente, considerando altri fattori quali ipertensione, obesità, fumo, diabete, pregressi eventi cardiovascolari (come l’infarto).

Come si riducono i livelli di colesterolo e trigliceridi?

La riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue richiede un approccio integrato che coinvolge modifiche dello stile di vita, una dieta bilanciata e, in alcuni casi, il ricorso a farmaci.

Le misure adottate devono essere tanto più aggressive quanto maggiore è il rischio cardiovascolare del paziente: si può quindi essere più conservativi in pazienti giovani a basso rischio, mentre è necessario raggiungere valori più bassi possibile in pazienti ad elevato profilo di rischio.

Stile di vita e attività fisica

Il primo passo per migliorare i livelli di lipidi nel sangue è modificare il proprio stile di vita. Praticare regolarmente attività fisica, come camminare a passo veloce per almeno 30 minuti al giorno, può contribuire a ridurre il colesterolo LDL e i trigliceridi, e aumentare il colesterolo HDL.

Inoltre, smettere di fumare, perdere peso e ridurre lo stress sono interventi fondamentali per diminuire il rischio di malattie cardiovascolari.

Dieta

Una dieta povera di grassi saturi è essenziale per abbassare il colesterolo. Alimenti ricchi di grassi saturi, come carne rossa, tuorlo d’uovo, formaggi grassi e alcuni oli vegetali, dovrebbero essere consumati con moderazione. Anche gli zuccheri semplici e le farine raffinate possono aumentare i trigliceridi e dovrebbero essere limitati. La dieta ideale per chi soffre di dislipidemie prevede invece abbondanti alimenti vegetali, cereali integrali e cibi ricchi di fibre solubili, come avena, legumi e frutta, che aiutano a ridurre i livelli di colesterolo.

Terapia medica

In presenza di dislipidemie più severe si può valutare la necessità di una terapia farmacologica. Il target terapeutico è principalmente rappresentato dai valori di colesterolo LDL, il quale è il maggiore responsabile dell’incremento del rischio cardiovascolare.

Il primo approccio prevede l’introduzione di medicinali a base di omega-3 (utili in caso di ipertrigliceridemia) oppure di monacolina (che riduce i livelli di colesterolo LDL). Questi farmaci da banco sono in grado di correggere una dislipidemia lieve con un profilo lipidico di poco superiore alla norma, senza comportare particolari effetti collaterali.

In caso di valori di colesterolo LDL particolarmente elevati, specialmente in presenza di un alto rischio cardiovascolare, è necessario il ricorso a farmaci decisamente più efficaci, ovvero le statine, le quali inibiscono la sintesi di colesterolo a livello epatico. Questi farmaci tuttavia possono talora provocare effetti collaterali come ad esempio dolore muscolare (mialgia) e alterazioni epatiche; pertanto sono necessari periodici esami ematici di controllo.

Altri farmaci con effetti collaterali inferiori sono l’ezetimibe (che inibisce l’assorbimento del colesterolo alimentare) e l’acido bempedoico (che agisce in maniera simile alle statine): questi farmaci vengono in genere associati alle statine in modo da ridurre la dose di queste ultime.

Infine, in caso di valori estremamente elevati di colesterolo LDL in pazienti con rischio cardiovascolare molto alto, possono essere impiegati farmaci più avanzati (evolocumab, alirocumab, inclisiran) che promuovono la rimozione del colesterolo LDL dal sangue. Questi farmaci vengono somministrati con una piccola iniezione sottocutanea ogni due settimane (per i primi due farmaci) oppure ogni sei mesi (per il terzo).

I risultati della terapia ipolipemizzante richiedono tempo, quindi è necessario controllare il profilo lipidico periodicamente ogni 3-6 mesi, eventualmente apportando modifiche terapeutiche.