Le patologie degenerative articolari, che colpiscono perlopiù la popolazione anziana, sono molto dolorose e talvolta invalidanti, ma esistono terapie efficaci ed è possibile prevenirle modificando alcune semplici abitudini quotidiane. È stato questo il tema dell’incontro del 7 novembre nell’ambito dei ‘Martedì Salute’ che ha registrato il tutto esaurito all’Hotel Concord di Torino. A parlarne due specialisti della Clinica Sedes Sapientiae: il professor Filippo Castoldi, anche Direttore della Clinica Universitaria di Ortopedia e Traumatologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria San Luigi e il professor Roberto Rossi, Direttore presso la Struttura Universitaria di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Mauriziano.
L’apparato locomotore è un sistema che grazie a ossa, articolazioni, tendini, legamenti e muscoli permette di muoverci ogni giorno. Le articolazioni, proprio per il loro movimento continuo, vanno incontro all’usura e alla degenerazione, dovute a fattori come il tempo, il loro utilizzo, il lavoro svolto, l’attività fisica e anche determinate patologie. Nel corso del tempo sono stati però sviluppati impianti protesici in grado di sostituire le articolazioni danneggiate e quindi permettere al paziente che si sottopone a intervento il ripristino della funzionalità articolare, fondamentale per il ritorno alle attività quotidiane.
Quali sono le patologie degenerative che interessano la spalla?
La spalla è la più mobile delle nostre articolazioni, ma questa flessibilità può causare problemi di instabilità e usura delle sue strutture più sollecitate. Esistono le patologie generate dall’attrito, dal conflitto e dall’usura del tessuto tendineo, causato dallo sfregamento tra la testa dell’osso e la superficie articolare dell’acromion (parte della scapola) o anche la degenerazione dei tendini che può provocare la rottura della cuffia dei rotatori, in particolare il sovraspinato, che facilmente può andare incontro a assottigliamento oppure addirittura lacerarsi e rompersi. Non è però detto che tutte le lesioni tendinee richiedano un intervento chirurgico: è importante che il medico valuti la lesione dal punto di vista clinico e i difetti funzionali che provoca.
Come ottenere una diagnosi accurata?
Per una diagnosi accurata la visita medica è l’aspetto più importante. Il primo esame a cui sottoporsi è la radiografia, che permette di capire se la spalla ha una problematica (ad esempio se presenta calcificazioni o se ha l’artrosi) o se ha una morfologia assolutamente normale. L’ecografia, invece, fornisce uno studio morfologico del tendine, perciò aiuta a individuare l’eventuale lesione. Dal punto di vista della valutazione più profonda e più precisa, la risonanza magnetica è l’esame che è fondamentale per una valutazione più dettagliata e permette di comprendere la natura della lesione e la sua dimensione, la qualità del tessuto tendineo e muscolare, la retrazione del tendine e quindi l’eventuale prognosi di un possibile trattamento.
Quali sono i sintomi della lesione della cuffia?
La lesione genera dolore (molto frequentemente notturno) dovuto allo stato infiammatorio, oltre a una riduzione della forza e del movimento. Solitamente, il primo trattamento è di tipo conservativo e prevede un percorso di fisioterapia per riabilitare e rieducare i tendini, accompagnato da una terapia antiinfiammatoria (infiltrazioni di cortisone e/o acido ialuronico). Se gli esami indicano una lesione che richiede l’intervento, la tecnica chirurgica è quella endoscopica (si pratica un’artroscopia per suturare la cuffia e i tendini danneggiati). Le lesioni della cuffia possono variare in dimensioni: talvolta si parla di lesioni massive, cioè lesioni molto grandi che interessano più di due tendini. In questi casi può succedere che il movimento sia gravemente compromesso, definendo la spalla come pseudo-paralitica. In questo caso, se le condizioni lo permettono, si può fare un trasferimento muscolo tendineo.
Quali sono i fattori di prevenzione?
Il tendine soffre per la presenza di co-patologie come il fumo, che abbassa l’ossigenazione del tessuto stesso e quindi la sua capacità a resistere alle patologie degenerative e all’eventuale riparazione, e l’ipercolesterolemia. L’età è un altro fattore da considerare, anche quando si valuta un possibile intervento chirurgico: il periodo post-operatorio di un trattamento della cuffia prevede infatti un’immobilizzazione per circa un mese e la fisioterapia impegna almeno per tre mesi.
L’artrosi della spalla
L’artrosi della spalla è l’usura dell’articolazione omero-glenoide e può manifestarsi in due modi: l’artrosi concentrica (quando la cuffia rimane integra) o artrosi eccentrica (quando avviene il danneggiamento dei tendini). Entrambe le patologie richiedono un intervento chirurgico di protesizzazione (sostituzione delle superfici articolari) con una protesi anatomica che replica la forma dell’articolazione nativa. L’intervento prevede l’accesso chirurgico anteriore per rimuovere le parti consumate. Successivamente, dopo l’intervento, si utilizza un tutore per circa quattro settimane, seguito dalla riabilitazione. In condizioni ottimali, il recupero completo richiede da quattro a cinque mesi. In caso di artrosi eccentrica, la protesi anatomica non può funzionare: si utilizza un’altra tipologia di protesi molto frequentemente impiantata che si chiama “protesi inversa”, cioè una protesi che cerca di ripristinare il centro di rotazione dell’articolazione della spalla.
Il futuro della chirurgia della spalla
La chirurgia protesica alla spalla non è una chirurgia moderna, precede persino quella dell’anca e del ginocchio. La chirurgia si è evoluta però nel tempo e attualmente include strumenti tecnologici utili per la pianificazione dell’intervento: device e sistemi che permettono di definire perfettamente come procedere in sala operatoria.
Ginocchio: quali sono le patologie degenerative e come prevenirle?
Il ginocchio è un’articolazione di carico, che utilizziamo tutti i giorni in maniera intensa e in cui sollecitiamo spesso la cartilagine e le strutture meniscali, che dunque si possono deteriorare. Movimento, esercizio fisico e controllo del peso sono il sistema più semplice e alla portata di ognuno per limitare ad esempio il rischio dell’artrosi. È fondamentale esercitare l’articolazione almeno una volta al giorno, privilegiando attività con limitato carico (bicicletta, nuoto, esercizi in palestra).
La diagnosi
Per effettuare una diagnosi accurata è molto importante l’esame obiettivo, necessario per determinare se c’è stato un effettivo trauma, per capire la tipologia della patologia e il trattamento migliore. Le indagini strumentali sono molto importanti: le radiografie del ginocchio sotto carico permettono di vedere il reale consumo cartilagineo, mentre una risonanza magnetica offre una visione dettagliata delle strutture meniscali, cartilaginee e dei legamenti.
Degenerazione cartilaginea
Le lesioni cartilaginee possono essere focali, cioè in un unico punto dell’articolazione, oppure multiple e in questo caso si parla già di una artrosi, un consumo cartilagineo che può essere anche di origine traumatica. Col passare del tempo può avvenire poi una deformità degli arti inferiori: si parla di morfotipo “varo” oppure “valgo” (ginocchia chiamate a X), caratterizzato da un allineamento delle ginocchia rispettivamente verso l’esterno o l’interno delle caviglie.
Interventi conservativi e trattamenti chirurgici
Esistono interventi demolitivi o conservativi. Nel primo caso si tratta di interventi atti a demolire un’articolazione e poi riscostruirla. I trattamenti conservativi, invece, puntano a ‘salvare’ l’articolazione nativa e comprendono percorsi riabilitativi, uso di farmaci anti-infiammatori (utilizzati solo per brevi periodi per ridurre l’infiammazione) e terapie infiltrative.
Per quanto riguarda il processo di trattamenti chirurgici, esistono diverse tipologie:
- l’artroscopia, piccole incisioni che permettono di cambiare l’allineamento della gamba. Si effettua quando è presente un piccolo danno focale in un soggetto ancora giovane, prelevando un pezzo di cartilagine in un punto non di carico.
- l’osteotomia, che consiste nella recisione ossea per sistemare l’asse della gamba. Di solito la sopravvivenza di questi interventi raggiunge i 10-15 anni, e può funzionare ‘da traghetto’ per arrivare a un’età più avanzata in cui si può pensare a un intervento protesico.
- protesi di ginocchio, parziale o totale: si cerca di riottenere la funzionalità completa dell’articolazione, eliminando il dolore per permettere di camminare e di migliorare la qualità della vita.