Questo il tema al centro del ‘Martedì Salute’ del 28 novembre presso l’Hotel Concord di Torino in cui sono intervenuti il dottor Giorgio Matteo Berto, responsabile del centro di Chirurgia e Terapia della mano della Clinica Sedes Sapientiae e di Humanitas Gradenigo, il dottor Bernardino Panero, responsabile del Centro della mano di Humanitas Cellini e del Medical Care Lingotto, e Francesca Rosso, terapista della mano.
Tunnel carpale
Il tunnel carpale è la patologia del nervo mediano, che passa all’interno del canale del carpo, parte all’altezza dell’ascella e si dirama nelle dita della mano. Negli anni è possibile che questo nervo si comprima e, schiacciandosi, manifesti sintomi quali formicolio alle dita, pollice, indice e medio; successivamente, nelle fasi più avanzate della malattia, quando il nervo inizia a non funzionare più, smette di portare sensibilità e forza ai muscoli, e iniziano a comparire deficit.
L’esame che permette di fare una diagnosi corretta è l’elettromiografia, che consente di esaminare la conduzione nervosa, motoria e sensitiva e di valutare l’attività dei muscoli durante l’attivazione volontaria e a riposo.
Il trattamento per il tunnel carpale non è necessariamente quello chirurgico: nelle forme iniziali, infatti, viene trattato in modo conservativo, ad esempio con un tutore notturno che tiene il polso nella posizione in cui il tunnel carpale ha la maggiore dimensione e aiuta il nervo a stare meglio. Nei casi medi e gravi, la chirurgia offre due diversi approcci: uno tradizionale, che necessita di un’incisione al di sopra del tunnel carpale, e uno endoscopico. Quest’ultimo, grazie a una piccola incisione e a una videocamera, permette di inserire il dispositivo all’interno del canale carpale del paziente e visualizzare l’interno del tunnel carpale, consentendo allo specialista di liberare il nervo mediano dalla compressione. Dopo l’intervento, l’uso della mano è cruciale per favorire una guarigione efficace.
Dito a scatto
Il dito a scatto è una patologia che interessa i tendini flessori della mano: deriva da un’infiammazione degli stessi con limitazione del movimento delle dita. Quando il tendine si infiamma sfrega contro le pulegge aggravando l’infiammazione, e quando questa si cronicizza il tendine ha una dimensione tale da non riuscire più a passare attraverso la puleggia alla base del dito, causando così il movimento ‘a scatto’.
Nei primi stadi, il dito a scatto provoca soltanto un dolore al metacarpo dove è presente l’infiammazione, ma nei casi più gravi il dito può rimanere piegato senza possibilità di movimento.
La terapia conservativa, finalizzata a evitare o ritardare l’intervento chirurgico, comprende l’utilizzo di tutori o di infiltrazioni. Nel primo caso, i tutori hanno lo scopo di mantenere la parte infiammata del tendine lontano dal canale, in modo tale che possa venire meno quello stimolo meccanico che sostiene l’infiammazione. L’infiltrazione, invece, è utile perché negli stadi iniziali può andare a risolvere la malattia.
A livello chirurgico si possono adottare diverse tecniche, ma tutte consistono in un piccolo taglio alla base del dito per esporre la puleggia e liberare il tendine. Dopo l’intervento, è importante avviare tempestivamente la fisioterapia per recuperare la piena funzionalità in breve tempo.
Il morbo di Dupuytren
La malattia di Dupuytren è una malattia genetica ereditaria che talvolta non si manifesta in tutte le generazioni e si caratterizza per la formazione di alcuni noduli che all’apparenza sembrano calli, ma col passare del tempo evolvono in un cordone sottocutaneo che ritrae il dito.
I trattamenti chirurgici sono a cielo aperto o percutaneo. Mentre nel primo caso si tratta di un intervento più invasivo e con un decorso post operatorio più importante, il trattamento mininvasivo con ago, che ha la durata di pochi minuti, permette al paziente di tornare a usare la mano velocemente, ma non è applicabile in condizioni troppo avanzate.
Frattura del polso
Il polso è una struttura estremamente complessa e può essere soggetta a fratture: se la frattura è composta, quasi sempre sarà necessario bloccare il polso con un gesso o indossando un tutore per un periodo da 3 settimane a circa un mese, per favorire il consolidamento osseo. Il gesso è però un metodo non funzionale all’obiettivo di recuperare il movimento il prima possibile: quando i pazienti richiedono un ritorno veloce alla mobilità, è possibile procedere direttamente con intervento chirurgico. Inoltre il gesso ha più complicanze, come la progressiva scomposizione delle ossa dopo il posizionamento dello stesso, causata dall’energia che esercitano muscoli e legamenti. La chirurgia è una scelta più rapida e più indicata per il paziente: un piccolo intervento in anestesia locale, di breve durata, non necessita di ricovero e il paziente inizierà a muovere il polso il prima possibile.
Artrosi alle mani
L’artrosi è una condizione che porta ad una degenerazione delle articolazioni e la compromissione della cartilagine articolare. Può colpire tutte le articolazioni, ma spesso si concentra sull’articolazione trapezio-metacarpale alla base del pollice, essenziale per i movimenti prensili. I principali fattori di rischio sono l’età, il genere (maggiormente colpite sono le donne), l’influenza genetica familiare, i difetti congeniti e i traumi che hanno alterato la cartilagine e l’allineamento. I sintomi includono dolore alla base del pollice, riduzione della forza di presa e, nel tempo, la deformità dell’articolazione.
La diagnosi viene confermata da uno specialista attraverso esami fisici e una radiografia, per valutare lo stadio della rizoartrosi. Attualmente, non esistono metodi precisi per prevenire l’artrosi, ma è possibile ritardarne l’evoluzione e ridurre la sintomatologia dolorosa ad esempio proteggendosi dal freddo, adottando uno stile di vita sano, evitando il fumo e praticando esercizi fisici aerobici.
In fase acuta il coinvolgimento di fisioterapisti e terapisti vede il confezionamento dei tutori, un po’ più rigidi per la notte e un po’ più funzionali per il giorno, oltre che fornire una rieducazione funzionale. Nei casi più gravi si può procedere con trattamenti infiltrativi come cortisonici o acido ialuronico, PRP o cellule staminali.
L’opzione chirurgica va valutata attentamente in base al paziente e allo stadio della malattia. Ad oggi sono state sviluppate diverse tecniche: oltre alla tenosospensione, quelle mini-invasive artroscopiche riducono l’incisione chirurgica e consentono di rimuovere solo la parte danneggiata dell’osso. L’ultima frontiera è rappresentata dalla chirurgia protesica che offre un recupero della forza più rapido e meno doloroso, ma ha una durata limitata, tipicamente 10-12 anni.
Riabilitazione della mano
Il terapista della mano assume un ruolo cruciale nella gestione dei trattamenti riabilitativi post-operatori, post-traumatici e conservativi. Il focus principale è il ripristino e il miglioramento della funzionalità delle mani attraverso trattamenti personalizzati. Ciò riguarda sia pazienti che hanno subito interventi chirurgici, sia coloro che hanno affrontato traumi, come fratture non trattate al polso o patologie come la sindrome del tunnel carpale e l’artrosi.
La terapia conservativa è volta a ritardare la necessità di intervento chirurgico e comprende terapie fisiche come ultrasuoni ed elettrostimolazione, l’uso di tutori personalizzati e consigli per un corretto utilizzo dell’articolazione, per ridurre l’infiammazione. Nel trattamento post-chirurgico o post-traumatico, invece, si prevede l’applicazione di tutori leggeri, che sostituiscono i gessi, facilitando la mobilità delle articolazioni e si pianificano sedute riabilitative individualizzate.
Il confezionamento di tutori è essenziale sia nel trattamento conservativo, per far riposare le articolazioni infiammate, sia nel post-chirurgico per immobilizzare solo l’area interessata. Si insegnano esercizi di movimento e consigli per modificare le abitudini quotidiane, come adottare posture corrette durante l’utilizzo del computer per alleviare il carico sull’articolazione.
La riabilitazione post-chirurgica o post-traumatica segue protocolli personalizzati: inizia con la sostituzione dei gessi con tutori, prosegue con sedute di fisioterapia e con la graduale rimozione del tutore per favorire il ritorno alle normali attività. Inoltre, il trattamento della cicatrice assume un ruolo cruciale nella prevenzione di complicazioni, e si procede con un graduale rinforzo delle strutture coinvolte. È raccomandata la mobilitazione immediata delle dita per prevenire complicazioni, come ad esempio l’edema.